Le banche italiane vendono BTp a rotta di collo: almeno questo è ciò che ci sussurra la banca d’affari Jefferies che sottolinea come questo particolare mercato abbia visto solamente a dicembre vendite per circa 12, 6 miliardi di euro. Per quale motivo?
A quanto pare i titoli di stato italiani sono stati venduti con veemenza dagli istituti della penisola per un totale monetario, dall’inizio del “quantitative easing” della BCE fino alla fine dello scorso dicembre , di circa 100 miliardi. La questione è semplice: con l’avvio di questo sostegno alle economie degli Stati i rendimenti dei BTp sono letteralmente crollati. Non è un mistero che i decennali italiani che nel 2011 regalavano un guadagno del 7,4% ora si attestano a circa il 2% dopo essere scesi anche all’1%.
Motivazione per la quale le banche, sempre di più, davanti a prezzi alti e rendimenti bassi hanno deciso di partire con campagna di liberazione dagli stessi, sia per realizzare delle plusvalenze, sia perché il guadagno non era più quello iniziale ed era necessario evitare conseguenze sul lungo termine. In tutto ciò tra l’altro deve essere tenuto da conto il rapporto molto stretto che in alcuni casi vi è tra Ministero del Tesoro e le banche, tutt’altro che favorevole a questo tipo di investimento e che con molta probabilità l’Italia sconterà nel momento in cui, se questo diverrà realtà, verrà messo un tetto massimo alla detenzione di bond sovrani rispetto a specifici criteri patrimoniali come accade con i prestiti privati e quindi obbligando gli istituti ad avere del capitale pronto a coprire le perdite.
Insomma, la situazione non è semplicissima e se ora l’acquisto da parte della BCE aiuta le banche a non soffrire, differente sarà quando il quantitative easing verrà fermato.