
Analoga decisione è stata presa nei giorni scorsi dagli analisti di Intermonte, che hanno comunicato di aver rivisto al ribasso il prezzo obiettivo sulla controllata di Enel attiva nel settore delle energie rinnovabili portandolo da 1,9 a 1,8 euro.
Analoga decisione è stata presa nei giorni scorsi dagli analisti di Intermonte, che hanno comunicato di aver rivisto al ribasso il prezzo obiettivo sulla controllata di Enel attiva nel settore delle energie rinnovabili portandolo da 1,9 a 1,8 euro.
Secondo la banca d’affari statunitense, dunque, il titolo della controllata di Enel attiva nel campo delle energie rinnovabili non è più da acquistare.
La controllata di Enel attiva nel settore delle energie rinnovabili ha archiviato il primo semestre dell’anno con un utile netto pari a 300 milioni di euro, ossia in crescita del 18,6% rispetto ai 253 milioni registrati nello stesso periodo dello scorso anno.
La banca d’affari statunitense, infatti, ha comunicato di aver rivisto il rating sulla controllata di Enel portandolo da “neutral” a “buy” e di aver alzato al contempo il prezzo obiettivo da 2,2 a 2,4 euro.
Tale decisione, dunque, comporta necessariamente una maggiore attenzione nei confronti delle fonti energetiche alternative, tra cui figurano in prima linea le energie rinnovabili, settore in cui l’italiana Enel Green Power occupa una posizione di leadership.
Nel periodo in esame l’Ebitda si è attestato a 393 milioni di euro, ossia in crescita del 20,6% rispetto al primo trimestre del 2010 e superiore rispetto ai 350 milioni di euro previsti in media dagli analisti. L’Ebit è risultato pari a 263 milioni di euro, mentre l’indebitamento finanziario netto è cresciuto del 7,8% a 3,333 miliardi di euro.
Nel corso degli ultimi due mesi, tuttavia, l’azione Enel Green Power non è mai riuscita a brillare, al momento sul listino milanese perde lo 0,38% a 1,593 euro.
Tra questi gli analisti di Banca Leonardo che hanno avviato la copertura fissando una raccomandazione “buy” e un target price a 1,9 euro, ossia un valore superiore del 24% rispetto a quello attuale.
La più grande Ipo dell’anno a Piazza Affari, dunque, non è neanche riuscita a raggiungere 1,6 euro, ossia il livello minimo di un range rivisto al ribasso durante la fase del collocamento.