Telecom: come si inserisce lo stato tra Vivendi ed Elliott? L’intenzione di Cassa Depositi e Prestiti di acquisire fino al 5% delle azioni dell’azienda di telecomunicazioni ha dato una scossa positiva all’andamento azionario della stessa ma sta creando molte perplessità generali tra gli osservatori.
Il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda continua ad usare Twitter per dire la sua e fornire un punto di vista interno alla situazione.
Per la cronaca nessuno sta mettendo lo Stato da nessuna parte ma supportando un progetto che prevede una public company, sogno proibito di ogni liberista ben educato.
Parole semplici e chiare che arrivano a rispondere a stresso giro all’osservazione del professore della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè che aveva sottolineato come il tutto sembrasse essere “una decisione interventista” capace di ribaltare “in poche ore una linea politica ventennale” che avrebbe meritato “una spiegazione articolata. Nel metodo, oltre che nel merito“.
E che in parte è arrivata. Il punto, come molti hanno sottolineato è che qui il nocciolo della questione non è la “partecipazione statale” di per se stessa, ma il fatto che sia importate in qualche modo tutelare l’interesse pubblico nei confronti della rete prendendosi cura della stessa da vicino. Per quanto Elliott Management infatti punti a tenere contenuto l’operato di Vivendi, la lotta intestina all’interno dell’azienda si sta purtroppo riflettendo sulla società stessa ed il suo funzionamento. E riservandosi di spiegare meglio in sedi opportune il ministro ha continuato:
Nessuno difende le partecipazioni statali, Cdp non sta assumendo il controllo di Tim. Ma Tim possiede un asset di interesse pubblico, la rete, ed è giusto presidiare perché le ultime proprietà non sono state precisamente impeccabili. Da qui allo statalismo ce ne passa.
E questo è innegabile.