Janet Yellen, numero uno della Fed e Mario Draghi, governatore della BCE si scagliano fermamente contro il protezionismo che potrebbe riportare le economie mondiali al periodo di crisi vissuto qualche anno fa. Da Jackson Hole il messaggio è chiaro e ben scandito.
Draghi, tra l’altro mette il punto fortemente su quella che è la situazione europea: la ripresa economica è presente e continua ed il quantitative easing sta funzionando. E come tutti si aspettavano alla fine, indicazioni economiche diverse da quelle sostenute fino alla vigilia non sono arrivate. Ed è forse possibile capire l’inflessibilità del capo della BCE: l’inflazione non è ancora vicina al target del 2% e per questo l’istituto deve muoversi con cautela prima di rimuovere gli stimoli di politica monetaria messi in campo contro la crisi.
Non è mancato però, come già sottolineato, un forte accenno alla necessità di stare attenti al protezionismo ed ai rischi che lo stesso comporta. In pieno accordo con il numero uno della Fed Janet Yellen e non solo nei confronti della politica economica di Donald Trump ma anche di quella che alcuni stati membri dell’Unione Europea sembrano essere intenzionati ad applicare. Ed ha spiegato:
Uno dei temi che l’economia globale si trova ad affrontare è se il trend verso una maggiore apertura dei mercati che ha caratterizzato gli ultimi tre decenni si sta avvicinando alla fine. Le barriere commerciali sono aumentate, passando dal coprire l’1% dei prodotti nel 2000 all’attuale 2,5%, con la crisi che ha accelerato. Una maggiore cooperazione multilaterale in grado di rispondere ai timori di sicurezza ed equità [potrebbe aiutare]. Incoraggiando una convergenza delle regole, è possibile proteggersi dagli effetti non graditi dei mercati aperti. E la “protezione” assicura il non scivolare nel “protezionismo”.
Come dargli torto?