Senza alcun dubbio il dato più allarmante è quello sull’inflazione dell’Eurozona, unico parametro che peraltro la BCE ha il mandato di governare.
Non più tardi di lunedì la pubblicazione è stata a dir poco allarmante in quanto si è registrato un Indice dei prezzi al Consumo dello 0,5% ed un dato core allo 0,8%, ben lontani sia dal target di statuto del 2% ma anche dal dato atteso che puntualmente Mario Draghi ci ricorda ad ogni conferenza stampa del primo giovedì del mese; come se poi il parametro dell’inflazione attesa potesse essere di così facile calcolo e di così estrema affidabilità.
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Vedi il Giappone per 20 anni e otterrai una risposta di natura empirica. Le aspettative di lungo periodo sull’inflazione che Draghi più volte ha ricordato essere ancorate a circa l’1,9% appaiono inoltre decisamente ottimiste laddove il consenus da parte di molti analisti e banche d’affari ci descrive una situazione che potrà vedere tendenzialmente un 1,7% per i prossimi tre anni, spiega Davide Marone di DailyFx. Non certo un sollievo laddove il processo di disinflazione appare in buona maturazione e i contesti di deflazione sono già una realtà e dove, ancora, la stessa locomotiva Germania ha di recente mostrato dati sui prezzi al consumo non propriamente confortanti.
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Come abbiamo perciò più volte ribadito nelle scorse settimane e con ancora maggiore veemenza nei giorni più recenti, la pressione verso una qualche tipologia di interventismo da parte di Francoforte continua ad essere alta, ove non solo le recenti pubblicazioni dei vari indicatori economici dell’Eurozona non sono state di certo lusinghiere (il “calo” della disoccupazione dal 12% all’11,9% è davvero poca cosa) e ove si affacciano nuovi pericolosi fantasmi che minacciano il sistema nel suo complesso come quello sul fronte politico.