I prezzi del petrolio continuano la rinnovata fase ribassista avviata durante le ultime sessioni. La settimana, infatti, si è chiusa con una netta caduta.
Nella giornata di Giovedì, il prezzo del greggio WTI è arrivato a registrare una perdita di oltre il 20% in confronto ai massimi raggiunti a giugno, evidenziando l’entrata della commodity in una fase ribassista.
Il greggio era riuscito a crescere dai minimi di fine anno in virtù delle aspettative per un calo di produzione e una diminuzione degli investimenti da parte delle compagnie petrolifere (potenzialmente in grado di riequilibrare il mercato), tuttavia è caduto nuovamente nelle ultime settimane; l’offerta mondiale di greggio ha mostrato segni di cedimento troppo leggeri mentre la domanda continua a diminuire.
Jason Gammel, analista presso Jefferies, ha dichiarato: “Continuiamo ad essere preoccupati che il mercato del petrolio possa essere ferito da un eccesso di offerta di più di quanto lo eravamo in precedenza”.
Il WTI statunitense è scambiato in rialzo di otto centesimi, o 0,2%, a $ 48,53 al barile sul New York Mercantile Exchange. Il Brent, invece, appare in perdita di 30 centesimi, o 0,5%, a $ 54,97 al barile sull’ICE Futures Europe.
Durante la notte di venerdì, i dati sulla produzione in Cina hanno deluso i mercati. La lettura iniziale sull’indice PMI manifatturiero si è attestata a 48,2 nel mese di luglio, a fronte della versione finale a 49,4 di giugno.
Il market mover è ai minimi di 15 mesi e significativamente al di sotto delle aspettative di mercato. Le preoccupazioni circa la domanda di petrolio erano già emerse recentemente, e i dati deboli provenitenti dalla Cina non hanno fatto altro che rafforzarle.
La Cina è il secondo più grande consumatore mondiale di petrolio e dei segnali di rallentamento dell’economia alimentano le pressioni sul prezzo del petrolio.