Al riguardo, in particolare, Daniele Guidi, responsabile delle gestioni obbligazionarie di Bnp Paribas, interpellato da CorrierEconomia, ha sottolineato che rispetto agli anni passati la diversificazione valutaria ha perso l’attrattiva che invece aveva nei momenti di maggiore difficoltà della divisa europea, soprattutto dopo che il presidente della Bce Mario Draghi si è detto disposto a fare qualunque cosa pur di salvare l’euro.
Nonostante questo, Guidi sostiene che continua ad avere un significato destinare una quota del 10% circa del proprio portafoglio a obbligazioni in valute considerate forti, che a fronte di rendimenti davvero molto bassi sono comunque in grado di stabilizzare il portafoglio in caso di oscillazioni repentine.
Per quanto riguarda le valute più interessanti sotto questo punto di vista, nel corso degli ultimi 12 mesi le performance migliori sono state quelle messe a segno dalla corona svedese, dal dollaro, dalla corona norvegese, dal franco svizzero, dal dollaro canadese e dal dollaro australiano. In particolare, al momento le monete dei paesi nordici come Svezia e Norvegia appaiono le più interessanti, mentre esiste invece qualche possibilità di apprezzamento contro l’euro da parte dei dollari canadesi, australiani e statunitensi, soprattutto per via del collegamento al ciclo delle materie prime e che fanno riferimento a paesi con tassi di crescita economica di lungo termine più alti di quelli europei.