Il dollaro continuerà a rafforzarsi, sono queste le previsioni degli analisti in base ai dati a disposizione, in particolare su inflazione e lavoro. Gli Stati Uniti, pur con una ripresa non convincente, sono tornati alla situazione pre-crisi, ma la FED, non fidandosi, lascia i tassi bassi. Questo dovrebbe tramutarsi in un rafforzamento del dollaro su tutti i mercati, lento ma costante. La disoccupazione continua a scendere, seppur lentamente, ma l’aumento dei salari non segna progressi significativi e sembra timido. Le differenze con il 2007, prima della crisi, ci sono, a partire dalle quotazioni del dollaro, molto più alte allora, ma l’inflazione segnava le stesse percentuali di oggi, attorno al 2,5%. Allora i tassi erano al 5,5%, e frenavano il biglietto verde, mentre oggi si spostano tra lo 0,75 e l’1%, spingendo il credito. Il progetto di Trump di un dollaro debole per rilanciare le esportazioni, sta naufragando, anche perché, gli aumenti dei tassi previsti dalla FED, sembrano al omento troppo limitati per poter tenere il valore della divisa statunitense ad un livello che spinga le esportazioni solo grazie al cambio. Ma il petrolio costa il 40% in meno rispetto al periodo pre-crisi, e questo aiuterà sicuramente la produzione. Trump potrà comunque pagare i deficit commerciali con una moneta forte, e questo è certamente almeno un aspetto positivo.