L’obiettivo di inflazione al 2% è apparso ancora distante ai membri del Comitato di politica monetaria della Federal Reserve.
È questo uno dei fattori che ha spinto la Banca centrale americana a rimandare il primo rialzo dei tassi di interesse nella riunione di settembre. Altri fattori che hanno gravato sulla decisione sono il timore di un rafforzamento troppo marcato del dollaro e le spinte contrarie alla crescita economica globale che arrivano dalla Cina.
“L’ondata di elevata volatilità registrata a fine agosto, gli sviluppi del mercato delle materie prime e la politica valutaria cinese – elenca John J. Hardy, head of FX Strategy di Saxo Bank – hanno distratto e allarmato la Fedche ha ignorato l’elevata solidità dell’attività economica statunitense e i dati sull’occupazione per rimanere ancora un po’ in fase attendista. Questo molto probabilmente significa che l’incremento dei tassi ci sarà nella riunione del Fomc di metà dicembre”. Un meeting che secondo lo strategist di Saxo Bank “dovrebbe dirci se la Fed sta rischiando, rinviando l’abbandono della politica accomodante o se stiamo andando verso un quarto Quantitative easing. La prima è l’opzione più probabile”.
La necessità di chiarimenti è, in primo luogo, interna alla stessa Federal Reserve. “La confusione all’interno della Fed regna sovrana – commenta Marco Bò di AlternativeFinance.ch – e inizia a pesare sul dollaro. Nonostante la reazione positiva dei listini azionari, il dollaro ha mostrato segni di insofferenza non riuscendo a performare sia nei confronti delle commodity currency e nemmeno contro lo yen. In mancanza di avversione al rischio, in passato avremmo notato una violenta reazione al rialzo di dollaro/yen. Le conclusioni dal punto di vista macroeconomico sono che l’economia statunitense sta sicuramente recuperando ma non come atteso o sperato dai responsabili politici, che i mercati emergenti hanno rallentato il loro sentiero di crescita e la Cina rappresenta il più grosso interrogativo per tarare di conseguenza la politica monetaria statunitense”.
“L’ulteriore rinvio del primo incremento dei tassi da parte della Fed – riprende Hardy – potrebbe innescare un rimbalzo delle prospettive per le valute emergenti nel corso del quarto trimestre. Per quanto riguarda il dollaro potremmo assistere a un’iniziale debolezza con un rafforzamento nel finale”. Debolezza del dollaro su cui è d’accordo anche Bò: “Riteniamo che per il 2015 il dollaro abbia già raggiunto il top contro tutte le major e che possa andare incontro a ulteriori storni data l’incapacità di apprezzamento nelle fasi di propensione al rischio e avendo perso lo status di safe-haven (rifugio sicuro) come dimostrato nel momento in cui le tensioni della Cina si sono manifestate a fine agosto”.