Il rally delle quotazioni del petrolio sembra essersi bloccato da quasi una settimana, dopo che nelle precedenti 7 ottave aveva dato vita a un rialzo superiore al 50%. Al momento, il prezzo del Brent si attesta a 41,58 dollari, quello del Wti americano a 41,11 dollari.
Il clima in queste ore non è molto positivo per il mercato del greggio, con l’American Petroleum Institute, che ha stimato in crescita di 8,8 milioni di barili le scorte di greggio negli USA al termine della settimana scorsa, segnalando una mancata discesa della produzione di “shale”.
Più in generale, rimane lo scetticismo degli investitori sull’efficacia dell’accordo sul congelamento della produzione tra Arabia Saudita, Russia, Venezuela e Qatar, specie per la mancata adesione di Libia e Iran, che tra i membri dell’OPEC restano i due paesi con il maggiore potenziale di crescita, date le vicissitudini interne degli ultimi anni.
Ma il petrolio è risalito dai minimi a cui era sprofondato a gennaio, allentando la pressione sui paesi produttori. In Russia, il cambio tra rublo e dollaro si è rafforzato di oltre il 7% dall’inizio dell’anno e di ben quasi il 18% in appena due mesi. Secondo JP Morgan, con quotazioni medie a 38 dollari, la valuta russa dovrebbe apprezzarsi ulteriormente del 4,8% entro la fine del 2016, salendo a un cambio di 64,6.
L’economia russa è fortemente dipendente dal petrolio, dalla quale derivano quasi la metà delle sue entrate statali e i due terzi delle esportazioni. Il tracollo del prezzo del greggio ha provocato, quindi, un drastico calo nell’ingresso di dollari nel paese, anche se il deprezzamento del cambio, a partire dal novembre del 2014, ha consentito a Mosca di minimizzare l’impatto sui suoi conti pubblici
La banca centrale si sta astenendo dall’intervenire sul mercato del cambio, stretta tra la necessità di avere un rublo forte per contrastare l’alta inflazione e quella di evitarne un eccessivo apprezzamento, che avrebbe come conseguenza un aumento del deficit statale (se il cambio si apprezza troppo, i barili esportati valgono meno dollari, quindi, minori entrate).
Dunque, a meno di intravedere un nuovo ripiegamento delle quotazioni del greggio, il rublo sarebbe destinato a rafforzarsi ancora e ciò rappresenta una buona notizia per chi ha investito o intende entrare adesso sul mercato russo. Diverso sarebbe il caso, invece, di altre valute emergenti, quali la lira turca.
Positivo potrebbe essere il trend a breve anche del real brasiliano, al netto delle variazioni nella congiuntura economica internazionale, ma in questo caso rilevano essenzialmente fattori politici interni. Oltre tutto, anche il Brasile produce materie prime, per cui la risalita dei loro prezzi impatta positivamente sull’economia del paese sudamericano.
Previsioni negative, al contrario, per la rupia indiana, nonostante l’accelerazione della crescita dell’economia del sub-continente asiatico, unico caso tra quelle principali del pianeta.