Negli ultimi giorni, il dollaro sta godendo di uno stimolo favorevole, che va declinandosi in un graduale recupero di forza della moneta statunitense; il biglietto verde, in effetti, è ormai significativamente lontano dai minimi in area 1.16 in confronto all’euro, registrati nei primi giorni di maggio.
Da un punto di vista generale, il movimento di apprezzamento del dollaro appare riconducibile, senza troppe difficoltà, ad un flusso di dati macroeconomici univocamente incline a sottolineare la solidità dei parametri macroeconomici dell’economia americana.
Le statistiche inerenti la fiducia dei consumatori, la produzione industriale, le vendite al dettaglio, diffuse negli ultimi giorni, stanno confermando le potenzialità di accelerazione della crescita nel secondo trimestre, a seguito di un avvio d’anno particolarmente deludente; inoltre, i prezzi al consumo hanno registrato in aprile il maggiore incremento congiunturale da oltre tre anni.
Queste dinamiche hanno progressivamente modificato anche la percezione degli operatori sul sentiero della politica monetaria, le quali si sono in qualche misura fatte più “aggressive”. La diffusione dei verbali della Fed, ieri sera, ha in effetti rafforzato la probabilità di un intervento della banca centrale già a giugno.
La retorica impiegata nel comunicato è apparsa alquanto chiara nel segnalare l’orientamento dei membri del FOMC a favore di un rialzo, sotto la condizione che l’economia continui a fornire dati macroeconomici soddisfacenti, come sta in effetti avvenendo; la probabilità implicita nei prezzi dei contratti futures di un aumento dei tassi a giugno è scattata al 32% dal 10% circa.
Il cambio euro dollaro ha accelerato la discesa, raggiungendo 1.1220, sui minimi di tre settimane. Da segnalare anche la decisa flessione del cross euro sterlina, caduto sotto 0.77 sulla scia dei sondaggi che vedono il consolidamento del fronte favorevole alla permanenza del Regno Unito nell’Unione: si tratta della chiusura più bassa dallo scorso 5 febbraio.