La Cina continua nel suo graduale processo di internazionalizzazione della propria moneta, permettendo allo yuan (o renminbi) di fluttuare più liberamente contro il dollaro americano sui mercati valutari. Venerdì la People’s Bank of China (PBOC) ha alzato dello 0,2% la parità centrale dello yuan sul dollaro a 6,3264, permettendo alla valuta cinese di salire sui massimi più alti dal 1993 contro il dollaro americano, ovvero dai tempi della riforma del cambio. Venerdì il tasso di cambio USD/CNY è sceso dell’1%, ovvero il ribasso massimo consentito.
Il cambio dollaro/yuan ha così toccato quota 6,2672, scendendo sui livelli più bassi degli ultimi 19 anni. La mossa della PBOC sorprende solo parzialmente gli analisti finanziari. Infatti, Pechino non è nuova a questa tipologia di strategia valutaria proprio in prossimità di eventi particolarmente importanti da un punto di vista politico ed economico con l’obiettivo di evitare critiche sulla modalità di gestione della propria valuta.
Oltre al meeting annuale del Fmi e della Banca Mondiale a Tokyo, c’è da segnalare l’imminente pubblicazione di rilevanti dati macro cinesi. Infatti, saranno a breve comunicati i dati sull’export e sul prodotto interno lordo, che dovrebbero evidenziare ancora il trend di rallentamento dell’economia del Dragone.
La mossa di Pechino potrebbe essere anche vista come un gesto conciliatorio in vista delle elezioni presidenziali americane. Tra l’altro il candidato repubblicano Mitt Romney si è detto pronto a dichiarare la Cina come un paese che manipola il cambio a proprio piacimento. Intanto il vice-governatore della PBOC, Yi Gang, ha affermato che lo yuan è ormai vicino al livello di equilibrio.