Nei giorni scorsi la volatilità ha caratterizzato in maniera molto forte i mercati azionari, che nella giornata di giovedì, ad esempio, hanno fatto realizzare enormi correzioni.
Ad esempio l’Indice S&P 500 ha effettuato uno storno del 7% dal record storico di trenta giorni fa. Si tratta sicuramente della più ampia correzione da inizio anno, e il rendimento del Treasury decennale si è attestato sotto il 2%, il livello più basso dall’annuncio del tapering l’anno scorso. Ma gli altri mercati non sono stati da meno: lo Stoxx Europe 600 è sceso dal picco di metà settembre di circa l’11%.
Di sicuro i mercati hanno percepito che i dati macro-economici sono peggiorati e il fatto che la Germania sta per pubblicare una raffica di dati molto deludenti (relativi a produzione industriale, prodotto interno lordo dell’ultimo trimestre, ordini industriali, indice ZEW, export) e la Grecia sia tornata al centro dell’attenzione entrando in conflitto sulla tempistica di uscita dalla procedura di salvataggio con il FMI e con la BCE. Di contro, la recente fase di volatilità sembra soprattutto determinata dal timore della Recessione più che dal resto.
Osservando la velocità della correzione e la forte correlazione fra i mercati (forex, tassi di interesse, listini azionari, commodities), non si può non dire che sono stati giorni di panic selling. Continuerà così? Gli esperti consigliano:
Ma noi dobbiamo limitare la nostra emotività e guardare in avanti, verso le prospettive del ciclo economico. È possibile che la elevata volatilità continuerà a dominare i mercati nell’ultima parte dell’anno ma io confido nei risultati societari sia negli Stati Uniti che in Europa: le trimestrali delle multinazionali americane e di quelle europee dovrebbero essere, in generale, migliori delle aspettative, soprattutto in quelle aziende il cui fatturato è votato all’export nell’area del sud-est asiatico.