La Bce fa crollare l’euro con annuncio della fine del quantitive easing nel Gennaio 2019: il calo sostenuto in questi ultimi giorni è riuscito a superare anche quello che si presentò nei mercati il giorno dopo il voto sull’uscita della Gran Bretagna dall’UE.
Probabilmente ci si doveva aspettare una cosa del genere dopo l’annuncio di Mario Draghi sulla questione. Il punto è che in questo modo il dollaro si è rafforzato in modo deciso e non solo per l’aggressività mostrata dalla Fed nelle sue politiche ma anche per l’ovvia reazione degli investitori dopo che si è pubblicamente affrontato il discorso dell’acquisto dei titoli di stato da parte della BCE.
A livello tecnico l’euro è riuscito nel bucare le soglie di 1,18 e 1,17, arrivare ad 1,16 ed a scendere fino ad 1,1555, ovvero il valore più basso dallo scorso 30 maggio e lontano dall’1,1853 iniziale: per la moneta unica europea questa settimana è stata la peggiore dal novembre del 2016. Vero è però che di questi tempi il dollaro soffre molto per la questione dei dazi e del conseguente protezionismo di risposta che le economie mondiali stanno “testando” o sono in procinto di testare contro Donald Trump e gli Stati Uniti: non è detto quindi che il conio europeo non possa riprendersi in modo sostanziale, soprattutto in virtù del prossimo annuncio americano su nuovi dazi doganali nei confronti della Cina.
Nel frattempo non solo l’euro a soffrire: il crollo ha infatti dato il via ad un cospicuo sell off sulle valute dei mercati emergenti, con l’indice di riferimento EM FX capitolato al minimo dal febbraio del 2016. Non sono mancati guai per il peso argentino che tra l’altro hanno causato le dimissioni del governatore della banca centrale Federico Sturzenegger: il valore di 28,20 nei confronti del dollaro sul mercato retail ha fatto letteralmente gettare la spugna all’esperto.
Sulla stessa linea continua a soffrire anche la lira turca