La deflazione, ossia la variazione negativa dei prezzi al consumo, è un forte segno di blocco dell’economia. In realtà l’intento della Banca centrale europea è quello di tenere la crescita dei prezzi intorno al 2%: troppa inflazione fa male, ma se i prezzi non aumentano e, al contrario, scendono l’economia non va assolutamente bene.
Le conseguenze della deflazione come spiega Gregorio De Felice, capo economista di IntesaSanpaolo sono: «Nel brevissimo periodo chi ha degli investimenti può essere contento del fatto che il costo della vita non riesca ad erodere i suoi rendimenti. E se la famiglia deve fare compere può, con lo stesso salario, acquistare a prezzi più bassi». Ma è un benessere che non dura a lungo, spiega l’economista. Infatti con l’andare del tempo la deflazione porta con sè il blocco dei consumi perché si è tentati di rimandare nel tempo qualsiasi acquisto non necessario e poi giunge inesorabilmente la discesa degli stipendi.
La deflazione non è positiva neppure per il debito pubblico e per i mutui delle famiglie. Qualsiasi prestito, se c’è un po’ di inflazione, è meno pesante da rimborsare nel tempo perché il capitale si “svaluta” negli anni mentre prezzi e salari vanno su. Infine bisogna tener conto delle grandezze macro economiche con cui siamo misurati in Europa, il rapporto tra debito e Pil e quello tra deficit e Pil. Un po’ di inflazione aiuta poiché nei calcoli viene sommata al Pil e con un denominatore più alto i due rapporti scendono facendo aumentare il nostro pregio secondo i parametri europei. Se c’è deflazione e decrescita, come succede oggi, il Pil non aumenta. E il ragguaglio con i nostri debiti peggiora.