I dati indicano quindi una indubbia congiuntura del mercato immobiliare, dovuta però in larga parte alla stretta sui finanziamenti ipotecari.
Il problema principale deriva dall’adozione di criteri di valutazione decisamente più severi per la concessione di un mutuo, sia quello reddituale (dato dal rapporto tra la rata e i proventi del debitore) che quello patrimoniale (dato dal rapporto tra la somma erogata e il valore dell’immobile dato in garanzia). I redditi dei soggetti richiedenti, inoltre, devono derivare da lavoro dipendente a tempo indeterminato presso un’azienda in buona salute economica o da attività professionale consolidata da anni. Inoltre molto spesso vengono chieste garanzie supplementari, come ad esempio la sottoscizione di un contratto di assicurazione che copra l’eventuale mancato pagamento delle rate da parte del soggetto a cui viene concesso il mutuo.
Nel corso degli ultimi anni è inoltre progressivamente calata anche la percentuale del valore dell’immobile acquistato che la banca è disposta a finanziare. Questo significa quindi che anche chi ha un buon posto di lavoro per poter acquistare una casa accendendo un mutuo deve già disporre di una cospicua somma di denaro. In particolare, secondo le rilevazioni di CorrierEconomia, nel 2005 con un buon posto di lavoro era possibile ottenere con discreta facilità l’80% del valore della casa, mentre oggi difficilmente si riesce ad ottenere più del 60% del valore dell’immobile.
Come se non bastasse, gli spread applicati oggi ai mutui sono tra il 3 e il 3,5%, in media un punto e mezzo in più rispetto a quelli di due anni fa.