Tra le mosse messe in cantiere da Banca Carige all’interno del suo piano industriale vi sono sia un aumento di capitale da 630 milioni rispetto a quello preventivato di “soli” 400 e la necessità di eseguire una fusione con un’altro istituto così come richiesto dalla BCE: ma in quest’ultimo caso sarà possibile agire entro giugno?
E’ questa la tempistica che sembra passare di bocca in bocca nel settore, alimentando un po’ quelle che sono già le alte aspettative per una banca che potrebbe doversi rivolgere alla capitalizzazione di Stato in caso il piano non riesca ad essere rispettato secondo le vie tradizionali. Si legge al suo interno:
Entro il primo semestre dell’anno si realizzerà il rafforzamento della struttura patrimoniale mediante l’iniezione di nuovo capitale per 630 milioni di euro grazie al quale nello stesso lasso temporale potrà essere finanziato lo smaltimento dello stock di credito deteriorato fino a minimizzarne l’incidenza ad un livello da best practice di sistema (e pari al 6-7% circa del portafoglio crediti lordo) e l’integrale rimborso del titolo subordinato T2 emesso a fine novembre 2018 (nell’ipotesi di ripristino delle modalità di sostituzione previste dall’accordo originario).
Intanto, almeno una buona notizia arriva da Fondo Interbancario il quale sembra essere convinto delle possibilità di ripresa di Banca Carige visto che chiudendo il bilancio 2018 ha scelto di registrare una svalutazione minima del bond, pari al 4%: un segno più che evidente della fiducia che si ripone nei confronti del lavoro dei commissari e del loro piano industriale, a differenza degli altri interlocutori coinvolti.
Bper, per ciò che riguarda la fusione, al momento smentisce coinvolgimenti in tal senso.