Si tratta di una discesa complessiva pari al 22% circa in meno di tre mesi. La caduta dei prezzi è stata probabilmente più vistosa rispetto alle stesse attese dei paesi esportatori e non giustificabile in base alle correlazioni con la valuta. Fino allo scorso marzo le quotazioni del greggio erano sostenute dalle tensioni geo-politiche (Stati Uniti-Iran) e dalla domanda dei paesi emergenti.
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Successivamente l’impegno dell’Opec a far calare i prezzi si è sommato al minor consumo di greggio da parte della Cina. Infatti, per la prima volta da febbraio 2009, Pechino ha ridotto i consumi con una domanda scesa ad aprile a 9,31 milioni di barili al giorno (minimo a 6 mesi). Si tratta di un segnale di rallentamento economico del gigante asiatico, che sta riducendo l’import di materie prime.
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Il petrolio Wti ha chiuso venerdì a 90,86$ al barile al Nymex di New York. Lo scorso 23 maggio ha toccato il minimo più basso dal 2 novembre 2011 a 89,28$ al barile. Attualmente lo spread Brent-Wti è di 16$, ma molti operatori sono convinti che possa diminuire addirittura fino a 5$. Tuttavia, se il petrolio Wti dovesse perdere il supporto di 89,2$, la discesa dei prezzi potrebbe diventare ancor più robusta con target successivo compreso tra 84$ e 83$ al barile.