Fed, taglio dello 0,25%: sufficiente?

La Fed taglia dello 0,25% il costo del denaro negli Stati Uniti. Ma non rende felice Wall Street, che con molta probabilità, si aspettava qualcosa di più.

Fed cauta sui tagli ai tassi di interesse

E la ragione sta nel fatto che Jerome Powell, il presidente della Federal Reserve, ha fatto sapere che questo percorso dei tagli dei tassi di interesse rallenterà in futuro. Si tratta di qualcosa che era già stato previsto dagli analisti ma che non ha mancato comunque di scontentare il mercato.

Una reazione che dipende in primis da quella che è l’attuale situazione statunitense. Dobbiamo sottolineare che la decisione della Fed è giunta a maggioranza dei suoi membri. E non è mancato chi all’interno del Fmoc avrebbe preferito addirittura che i tassi non fossero tagliati.

La ragione, se ci si pensa, è molto semplice. Per quanto il popolo statunitense abbia parlato, la elezione di Donald Trump sottintenderà diversi cambiamenti a livello economico non condivisi, è palese, dalla Federal Reserve.

Non possiamo dimenticare com’era il rapporto tra la banca centrale americana e l’ex presidente nel corso del suo primo mandato. E sono state diverse le politiche da applicare affinché Gli Stati Uniti non collassasse sotto il peso di alcune scelte. Tra la nuova spinta alle criptovalute e la minaccia di dazi, di certo quel che aspetta all’economia statunitense non è totalmente prevedibile.

Non stupisce quindi che Jerome Powell abbia poi sostenuto, in conferenza stampa, che la decisione presa nonostante la difficoltà sia stata la più giusta da prendere. E che ora si aprirà una nuova fase. Per la quale non bisognerà pensare solamente ai prossimi tagli ma alle loro dimensioni e alle loro tempistiche.

Rallentamento e conseguenti nuove stime

Un rallentamento che porta quindi anche a stime diverse per quel che riguarda il costo del denaro entro la fine del 2025. Per fare un esempio, le previsioni precedentemente parlavano di un tasso ufficiale del 3,75%-4% per quel che concerne la fine del 2025 mentre a settembre erano del 3,25%-3,50%. Allo stesso modo sono state rivalutate tutte le previsioni su termini più lunghi. E tutte al rialzo.

Altra ragione di questa decisione è legata a un’inflazione prevista più alta rispetto a quello che ci si aspettava. Questo indice infatti risulterà in crescita nel 2025 del 2,5% contro il 2,1% di settembre. Ci si aspetta che rallenti nel 2026, raggiungendo il 2% nel 2027.

Insomma, per la Fed si è palesata la necessità di valutare meglio il proprio percorso di taglio dei tassi di interesse. Soprattutto perché le proiezioni sulla crescita sono rimaste invariate. E il mercato del lavoro non sembra soffrire pressioni inflazionistiche importanti tali da dover raffreddare ancora la situazione.

Serve prudenza e siccome la Fed non sa davvero cosa aspettarsi da Donald Trump, preferisce andare molto cauta.