Tari a rischio rincari nel 2021: il decreto legislativo che attua le norme europee sull’”economia circolare“, ovvero il Dlgs. 116/2020, cambia le carte in tavola per i Comuni, eliminando la possibilità per gli stessi di disporre l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani. La detassazione che questo porterà nelle attività produttive, porterà ad un incremento e non da poco per le famiglie e le loro utenze domestiche.
Tassa più alta per i cittadini con utenze domestiche
E se ciò non fosse già abbastanza da solo, è molto probabile che il prossimo anno le tariffe dovranno aumentare a causa del conguaglio relativo a quest’anno per chi entro il 30 dicembre confermerà le tariffe già applicate nel 2019. Insomma, in ogni caso saranno i cittadini a pagare e caro.
La modifica dell’articolo 198 del Dlgs. 152/2006, sopracitato, il quale definisce le competenze dei Comuni in materia dei rifiuti, rende la gestione dei rifiuti assimilati completamente liberalizzata e cancella la possibilità per i comuni di disporre assimilazioni e quindi il cambiamento consequenziale dei regolamenti Tari per l’assimilazione. Al momento vi sono ancora dei punti da chiarire, a livello nazionale, al fine di dare ai comuni tutti gli strumenti necessari ad una corretta gestione, in particolare per ciò che riguarda eventuali riduzioni per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani che gli stessi avviano al riciclo.
Non solo: la nuova legge prevede che le utenze non domestiche possano conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani a patto che siano in grado di dimostrare di averli avviati al recupero mediante una certificazione rilasciata da coloro che si occupano del recupero.
Revisione degli articoli di gestione dei rifiuti
Una possibilità questa data anche dalla alla definizione revisionata rifiuto urbano, stabilità dall’articolo 183 del Dlgs. 152/2006 che considera tali anche i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata che “sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici prodotti“. Una scelta che deve essere intrapresa per un periodo non inferiore ai cinque anni. Da tale possibilità sono però escluse le industrie
Il Dlgs. 116/2020, con una modifica all’articolo 238 del Dlgs 152/2006 prevede che le imprese, in caso di mancato utilizzo del servizio pubblico, sono escluse dal pagamento della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti. Sebbene la Cassazione abbia sancito che la quota fissa deve essere applicata sull’intera superficie dell’azienda, inclusa quella dove si producono rifiuti speciali, ancora non è chiaro dal punto di vista normativo come le imprese dovranno effettivamente regolarsi per il pagamento della Tari.
Solo una cosa appare certa: il 2021 rischia di rivelarsi un anno orribile per le utenze domestiche.