Il tempo di Mario Draghi alla BCE sta per finire e la scelta del suo successore sembra essere più difficile del previsto e non perché manchi personale preparato: quello di cui si ha paura è che la politica possa metterci il suo zampino malevolo.
E con il calo della crescita in atto e le problematiche attualmente in corso in alcuni Stati membri, una scelta poco saggiamente svolta potrebbe presentare delle problematiche rilevanti. Il Financial Times, come sempre sul pezzo, lancia i suoi allarmi in merito alla questione, sottolineando come colui che verrà a sostituire l’attuale governatore della BCE dovrà essere fuori dai braccio di ferro attuati in campo politico ed essere la persona più preparata e titolata per il lavoro.
L’articolo, uscito il giorno successivo a quello in cui il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha convocato un vertice straordinario il 28 maggio al fine decidere il pacchetto delle nomine Ue, è abbastanza fermo nelle sue considerazioni, sottolineando l’importanza che una simile nomina potrà avere nel futuro dell’Europa:
Nessuna nomina di personale in Europa quest’anno sarà più importante della selezione del successore di Mario Draghi come presidente della Banca centrale europea: il blocco dei 19 Paesi dell’eurozona è incline a turbolenze a causa delle sue tensioni politiche interne, banche fragili, debito pubblico alto, performance economiche nazionali divergenti e una crescita complessiva bassa. [E’ quindi] essenziale che i leader Ue scelgano un banchiere centrale che, come Draghi, abbia l’autorità, l’esperienza, la forze e il carattere di agire in modo deciso in una crisi, in quanto il prossimo mandato di 8 anni del capo della Bce è improbabile che sia senza crisi. Nella crisi dell’eurozona la Bce è stata l’istituzione Ue più efficace e insostituibile: la Storia non guarderà in modo gentile ai leader Ue se falliscono nell’affidare la Bce a una figura capace di costruire sugli ottimi risultati di Draghi.