Durante la giornata di martedì il cambio euro/dollaro è stato respinto da quota 1,1350 e ha accusato una brusca correzione, con le quotazioni che sono scese in area 1,1250-1,1240.
La situazione tecnica di breve termine resta pertanto contrastata: prima di poter iniziare un recupero di una certa consistenza sarà necessaria una fase riaccumulativa. Da un punto di vista grafico, infatti, solo il breakout di 1,1420 potrebbe fornire un chiaro segnale rialzista di tipo direzionale e aprire interessanti spazi di crescita. Pericolosa invece discesa sotto 1,1220 in quanto può innescare una flessione in area 1,1140-1,1130. Soltanto la rottura di 1,11 potrebbe provocare un’inversione ribassista di tendenza.
Nel frattempo, il Fondo monetario ha rilevato che l’economia Usa si trova “complessivamente in buona forma”, con la crescita che dovrebbe accelerare rispetto alla recente battuta d’arresto e nonostante un dollaro sopravvalutato del 10-20% rispetto alle principali valute.
Nel report annuale sulle politiche economiche negli Stati Uniti, il Fondo monetario rivede però al ribasso le stime di crescita del pil Usa al 2,2% nel 2016 (da 2,4%) mentre conferma la previsione di una crescita del 2,5% nel 2017. L’inflazione è vista risalire lentamente verso l’obiettivo della Fed del 2%.
Il mercato valutario si muove invece sulla difensiva alla vigilia del referendum britannico sulla permanenza di Londra nell’Unione europea. La valuta al momento maggiormente penalizzata resta comunque il biglietto verde, su cui pesa la revisione al ribasso Fmi per la crescita Usa di quest’anno.
Rispetto alla precedente proiezione di 2,4%, il Fondo monetario internazionale prevede per il prodotto interno lordo Usa 2016 un’espansione di 2,2%. Confermata invece a 2,5% l’attesa relativa al 2017.
Il cambio euro/dollaro si muove in rialzo di circa 0,7%, tornando oltre la soglia di 1,13, con la valuta europea in progresso di circa mezzo punto percentuale nei confronti dello yen.
Tornando brevemente alla sterlina da segnalare che Pimco, primo gestore obbligazionario al mondo, ipotizza un deprezzamento al minimo degli ultimi trent’anni su dollaro in caso di divorzio tra Regno Unito e Ue.