Si avvicina sempre di più il nuovo rialzo dei tassi da parte della Fed si fa sempre più vicina nelle aspettative degli investitori. Dopo la pubblicazione dei verbali della riunione di aprile da parte del direttivo gli investitori ne sono sempre più convinti.
Dai verbali è emerso un orientamento favorevole da parte di numerosi banchieri americani ad elevare i tassi già ad inizio estate. In questo contesto ogni segnale positivo sullo stato di salute dell’economia americana si configura una conferma in più per far si che gli investitori prendano posizione in tal senso.
Nella giornata di ieri simili segnali sono arrivati dalle statistiche sulle vendite di nuove case nel mese di aprile negli Stati Uniti, che il consensus di mercato aveva stimato a 520mila e che invece si sono attestate a 619mila. Una sorpresa positiva che si è riflessa positivamente sulle quotazioni del dollaro, ieri sui massimi da due mesi rispetto all’euro. La moneta unica, dopo una prima parte della seduta oltre quota 1,12 dollari, ha accentuato i ribassi con la pubblicazione del dato toccando un minimo di giornata a 1,1140 dollari.
Il tema della «divergenza tra le politiche monetarie» tra una Fed orientata alla stretta monetaria e le altre banche centrali in piena fase espansiva (Bce e Bank of Japan) torna quindi a tenere banco dopo che, nei primi mesi del 2016, la Fed aveva dato ai mercati l’impressione di voler assumere un atteggiamento più prudente a riguardo.
Si tratta sicuramente di una buona notizia per Mario Draghi e Haruhiko Kuroda (governatori di Bce e Bank of Japan) che sono avvantaggiati nella loro azione di contrasto alla deflazione da un tasso di cambio più favorevole verso il dollaro. Discorso diametralmente opposto per i Paesi emergenti, che invece soffrono un eccessivo rafforzamento della divisa americana. Anche per via del maxi-debito in valuta forte accumulato in questi anni da imprese e governi e che ora diventa più difficile da onorare.
Le valute dei Paesi in via di sviluppo e tutte le classi di investimento correlate hanno beneficiato abbondantemente del calo del dollaro registratosi tra marzo ed aprile. A fronte di un 4% perso dal dollar index in questi due mesi l’indice borsistico Msci Emerging Markets ha guadagnato il 13% mentre l’indice Msci Em Currency che monitora l’andamento delle maggiori valute di questo segmento è salito del 6 per cento.
Il cambio di rotta registrato a inizio maggio dal biglietto (+2% il rialzo medio rispetto a un paniere delle maggiori controparti) è coinciso con una chiara inversione di rotta degli emergenti, con le valute che hanno perso in media il 2,7% e le Borse il 5,6 per cento.