E’ una crisi incessante quella che sta attraversando il Brasile, fino a pochi anni fa considerato uno dei mercati emergenti più promettenti di sempre. Il colosso sudamericano sta vivendo un momento di forte difficoltà dal punto di vista economico e politico, che si sta riflettendo in modo molto incisivo sull’andamento del cambio del Real brasiliano.
Nella giornata di ieri la valuta carioca ha aggiornato i minimi più bassi da oltre 12 anni, ma la sensazione è che possa crollare ancora nelle prossime settimane soprattutto se la FED dovesse alzare i tassi di interesse nel meeting del 17 settembre.
Dietro il nuovo sell-off del Real c’è anche la decisione di Standard & Poor’s di tagliare il rating sovrano del Brasile a “junk” (spazzatura), decretando così che gli asset denominati in valuta brasiliana non sono più investment grade. Il paese aveva faticato molto per ottenere questo importante riconoscimento. Era la primavera del 2008: i grandi paesi sviluppati tremavano per lo scoppio della crisi finanziaria mondiale, il Brasile trainava la crescita e si parlava già di “miracolo economico”. Erano i tempi in cui tutti volevano investire sui BRIC, ma oggi la maggior parte di questi paesi emergenti è in crisi.
Il Brasile deve fare i conti con la recessione e un’inflazione quasi in doppia cifra. I tassi più alti al mondo, al 14,25%, non sono bastati a frenare il crollo della valuta domestica e allo stesso tempo hanno ostacolato il processo di rilancio dell’economia nazionale, anche a causa di ritardi nell’attuazione di necessarie riforme strutturali e dell’austerity imposta dalla presidente Dilma Rousseff. Sul forex il Real brasiliano continua a perdere valore nei confronti del biglietto verde. Il tasso di cambio USD/BRL ha toccato quota 3,90, portando la performance da inizio anno al 47%. Quattro anni fa il cambio era intorno a 1,70. Gli investitori stanno vendendo a mani basse anche azioni e bond brasiliani: i tassi sul decennale sono saliti sopra il 15%.