Lo scenario per le scelte di investimento si fa sempre più complicato. Difficile da decifrare. In questo panorama c’è un segmento dell’industria finanziaria che vive una stagione d’oro.
Una stagione che va anche a beneficio degli investitori, in termini di riduzione dei costi sugli strumenti finanziari in portafoglio. I fondi indice, in sigla Etf (Exchange traded fund), sono quotati in borsa e acquistabili in maniera snella al pari di azioni e obbligazioni.
Intendono replicare con la massima fedeltà l’andamento di un indice, in genere di natura azionaria o obbligazionaria, al minor costo possibile rispetto a fondi e Sicav.
Sugli di essi gravano oneri operativi quali ad esempio la remunerazione dei gestori e le reti di distribuzione, ben più elevati in confronto agli Etf. Per tale ragione sono decisamente più cari.
Numerosi esperti discutono sulla convenienza di un fondo indice in confronto a una gestione attiva. Alcuni studi mettono in luce che sul lungo termine la replica diretta di un indice non comporta svantaggi in confronto al tentativo di battere il mercato tramite una gestione attiva (fondi-Sicav).
Nella prassi quotidiana, chi costruisce portafogli utilizza in realtà un mix dei due elementi. Fondi e Sicav sono inseriti in portafoglio per le scelte strategiche di medio e lungo periodo e vengono affiancati da Etf, più adatti a scelte tattiche di breve e medio periodo in virtù della negoziazione in borsa.
Il patrimonio mondiale investito in Etf è stimato in 2.600 miliardi di dollari: erano 2.200 un anno fa. In Italia, il patrimonio investito in Etf sottolinea una crescita rapida e anche nei periodi di forte crisi finanziaria non si sono viste particolari flessioni.
Le masse investite sono pari a 33 miliardi di euro.