Il Dollar Index, indicatore che misura la forza del dollaro americano in confronto a un canestro composto da sei valute importanti, è salito su massimi che non si vedevano dal primo trimestre del 2009 a seguito della pubblicazione dei dati sull’occupazione negli Stati Uniti durante mese di novembre.
Il tasso di disoccupazione si attesta ancora al 5,8%, coerentemente con le attese, mentre i non-farm payrolls (ovvero le nuove buste paga erogate nei settori non agricoli) sono in aumento di 321mila unità, facendo così evidenziare il risultato migliore da inizio 2012. Il buon ritmo di crescita dell’economia americana fa incrementare le aspettative di una stretta monetaria negli USA prima del previsto.
Gli analisti finanziari stanno iniziando a ipotizzare il primo ritocco al rialzo dei tassi di interesse per mano della FED già entro il primo semestre del 2015. Occorre ricordare che a ottobre scorso l’istituto monetario di Washington aveva bloccato la liquidità, azzerando il piano di quantitative easing che da fine 2008 era stato incrementato per ben tre volte fino a un ammontare superiore ai mille miliardi di dollari all’anno.
L’economia americana è dunque sempre più robusta, anche grazie alla solidità dei profitti delle imprese e all’aumento dei salari che favorisce sempre più i consumi delle famiglie (che rappresentano due terzi del pil statunitense).
Così gli esperti:
Va a gonfie vele poi la finanza, con Wall Street su valori record e l’indice Dow Jones pronto a mettersi alle spalle anche quota 18mila punti. Bisogna poi sottolineare come il gap di competitività con l’Europa si stia allargando sempre più, spingendo gli investitori a uscire dagli asset in euro e a fare incetta di dollari americani. Non c’è da stupirsi se, da quando la BCE ha accelerato il passo sula politica monetari ultra-espansiva da maggio scorso, il cambio euro/dollaro sia in costante calo, tanto che la quotazione è sempre più proiettata verso i minimi di fine luglio 2012, posti a 1,2040.