A Wall Street ottobre non è di certo cominciato nel migliore dei modi, ma sta terminando con ottimi risultati. Dopo il crollo delle prime settimane è scattato un ‘rally’, agevolato dalle aspettative della Federal Reserve.
Durante le ultime dichiarazioni, alcuni membri del braccio operativo avevano paventato la possibilità di bloccare il tapering e lasciare invariati, cioè a zero, i tassi di interesse anche durante il prossimo anno. Poi, l’ottimismo e la fiducia sull’azionario sono tornati in auge. Ciò, però, non favorisce le quotazioni dello Yen sui mercati valutari. Per la valuta nipponica, da sempre, vi è una correlazione inversa con il trend delle borse, principalmente con quello delle borse statunitensi. Gli esperti spiegano così il ‘fenomeno’ che porta la moneta asiatica a soffrire:
Questa correlazione è diventata ancor più visibile da quando la Bank of Japan ha lanciato un massiccio programma di qualitative & quantitative easing, a partire da inizio aprile del 2013. Mettendo in moto il torchio tipografico, l’istituto monetario di Tokyo ha fatto sì che lo yen si svalutasse in modo sproporzionato con deprezzamenti nell’ordine del 30-40% nel giro di due anni rispetto a valute come euro, dollaro e sterlina. Tuttavia, ogniqualvolta partono significative correzioni sull’equity, lo yen strappa con violenza al rialzo provocando gravi perdite ai compratori più incorreggibili.
Per tali ragioni la valuta giapponese fa ‘impazzire’ gli investitori, che la utilizzano e ne approfittano in base alle diverse fasi di mercato. Al momento il maxi-rimbalzo di Wall Street, iniziato dai bottom toccati il 15 ottobre, ha spinto al ribasso la divisa nipponica. Nonostante ciò, tale scenario è paradossalmente approvato dai vertici della BoJ, che anzi preferisce mantenere una valuta debole nel medio periodo al fine di favorire l’export nazionale. Secondo quanto dichiarato stanotte da Haruiko Kuroda, governatore della BoJ, il mini-yen sta aiutando molto l’economia giapponese a venir fuori definitivamente dal ventennio deflazionistico.