Durante la giornata di ieri c’era grande ‘ansia’ circa il dato sull’inflazione negli Usa. Un’attesa condizionata dalle dichiarazioni della Federal Reserve. La banca centrale da Washington aveva lascato presagire che tra i driver utilizzati per la valutazione del livello dei tassi di interesse sarebbe apparso anche l’indice dei prezzi al consumo.Fortunatamente, il test inerente al mese di settembre è stato superato a pieni voti, dal momento che l’indice dei prezzi al consumo ha fatto rilevare una crescita dello 0,1% su base mensile, successivamene alla flessione dello 0,2% verificatasi in agosto. Tutto diverso rispetto alle aspettative degli esperti, che avevano previsto una variazione nulla e che invece hanno commentato così i dati nella loro analisi:
Il risultato su base tendenziale è stato dell’1,7%, migliore dell’1,6% stimato dagli analisti finanziari a causa della recente discesa dei prezzi dei beni energetici. Cresce lievemente anche l’inflazione “core”, ovvero quella depurata dai prezzi di beni alimentari ed energetici. Il dato è pari a +0,1% su base mensile, migliore rispetto alla variazione nulla di agosto. In questo caso, però, il risultato è inferiore alle attese degli economisti, che prospettavano un incremento mensile dello 0,2%. La ripresa della crescita dei prezzi al consumo negli Stati Uniti è senza dubbio un segnale pro-dollaro, che in effetti è tornato subito a mostrare i bicipiti sui mercati valutari. Sul biglietto verde pendeva il timore di un ritardo nell’avvio della stretta monetaria, dopo che tre membri del Fomc avevano prospettato il rinvio dei tassi di interesse negli USA al 2016 a causa delle basse aspettative di inflazione. L’ultima parola spetterà comunque alla FED, che si riunisce a fine mese.