In un momento in cui le opzioni di investimento mancano, le obbligazioni tentano a ripresentarsi come una efficace alternativa.
Ma la mansione è difficile. L’indice Barclays di questo asset nell’ultimo mese (fino al 9 settembre e calcolato in euro) ha ricavato quasi il 2%, facendo arrivare a +6,5% la prestazione da inizio anno. Un risultato dovuto più allo stato di forma del debito emergente che di quello dei paesi sviluppati.
I Treasury, ritenuti da sempre un porto sicuro nei momenti di incertezza dei mercati, sono stati fra i meno vantaggiosi titoli di debito governativo degli ultimi tre mesi. Da fine giugno hanno conseguito lo 0,4% (in termini di prezzo). Nel medesimo periodo la carta dell’area euro è salita del 2,4%. Le ipotesi di ripresa degli Stati Uniti, con la eventualità che la Federal Reserve cominci ad alzare i tassi di interesse, del resto, vanno contro una ripresa a breve dei Tbond.
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Differente il caso per le obbligazioni del debito europeo che può contare su dati macro poco persuasivi, a cui la Bce si sta conformando con una politica monetaria sempre più accomodante. “Credo che la Bce sarà il fattore trainante per i mercati obbligazionari in Europa nel prevedibile futuro, sia per quanto concerne l’impatto sui prezzi degli strumenti finanziari (derivante dall’applicazione degli interventi annunciati a giugno e settembre), sia sull’economia reale”, dice una nota di Chris Iggo, responsabile degli investimenti nel reddito fisso di Axa IM.
“Se i dati a livello dell’economia reale resteranno deludenti, i mercati continueranno ad aspettarsi nuovi interventi da parte del presidente della Bce, Mario Draghi”.