«Pensare alla flessibilità come all’unico modo che i paesi hanno per rilanciare la crescita è abbastanza limitativo». Draghi, ieri ha dato l’ulteriore avvertimento contro l’idea di allentare il Patto di Stabilità e Crescita. «Le regole attuali contengono già flessibilità sufficiente», ha ribadito Draghi in un’audizione davanti alla commissione economica dell’Europarlamento. «Dovremmo prestare molta attenzione a non tornare indietro rispetto al rafforzamento del quadro di regole del «Six pack» e del «Two pack» o a non annacquare la loro attuazione al punto che non siano più viste come un quadro credibile».
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Una moderata apertura della Bce all’idea italiana per favorire maggiore flessibilità in cambio di riforme in ogni caso c’è. Il problema, secondo Draghi, è «in quali circostanze può essere utilizzata». Draghi ritiene che la flessibilità deve essere condizionata a «un profondo processo di riforme strutturali in atto, in cui si possa quantificare l’impatto di bilancio che queste riforme avrebbero». Ma «l’idea di spendere per uscire dalla crisi non è praticabile», perché «uno dei motivi della crisi è stato proprio il debito», ha ammonito Draghi.
La soluzione di Draghi per tornare a crescere prevede due linee. Come a Londra la scorsa settimana, Draghi ha suggerito di «sottomettere le riforme strutturali a una disciplina comune, che non sia dissimile da ciò che abbiamo per le regole di bilancio». Quindi, dopo il «Fiscal Compact», l’idea è di un «Reform Compact»: un processo accentrato a Bruxelles, che obblighi gli Stati membri dell’euro ad adottare le riforme strutturali politicamente controverse. L’unione economica e monetaria «rimane ancora una struttura incompleta», ma ci sono «i presupposti per una qualche forma di governance comune sulle riforme strutturali», ha detto Draghi.