La Cina sta rallentando la sua crescita economica già da diversi mesi, ma oggi ha dato una nuova spallata alle quotazioni del petrolio sui mercati internazionali a seguito della pubblicazione dell’indice Pmi manifatturiero calcolato da Hsbc. L’indice è sceso a 47,8 punti a settembre, in calo dai 48,2 punti evidenziati ad agosto scorso. Il dato è comunque leggermente migliore rispetto alle stime preliminari di 47,6 punti. Il calo del Pmi cinese ha messo ko le quotazioni del greggio, che già ieri avevano mostrato un forte calo.
Il dato settimanale di ieri sulle scorte americane ha evidenziato una crescita degli stock a 367,6 milioni di barili, per un aumento di 8,53 milioni di barili. Gli analisti finanziari si aspettavano un dato diverso, con un incremento di appena un milione di barili. L’aumento delle scorte ha pesato sui prezzi del petrolio, che ieri sono letteralmente crollati sui mercati dei futures.
Al Nymex di New York il contratto future sul petrolio Wti con scadenza ottobre (che proprio oggi scade) ha mostrato una flessione del 3,14% a 92,3 dollari, anche se stamattina il ribasso è poseguito con discesa fin sotto 91 dollari al barile. Negli ultimi giorni c’erano stati movimenti “sospetti” sui future sul greggio, probabilmente dovuti all’iperattività di un high frequency trading.
Giù anche il petrolio Brent, che ieri ha perso il 3,43% a 108,19 dollari. Meno di una settimana fa la quotazione del Brent aveva superato 117,6 dollari al barile. Da allora è avvenuta una discesa dell’8,7% circa. A mettere in ginocchio le quotazioni del greggio sono anche le indiscrezioni relative alla possibilità di un aumento della produzione da parte dell’Arabia Saudita, primo esportatore mondiale di petrolio. A Riyad ritengono che i valori attuali siano eccessivi, per cui si può pensare a un intervento a breve per riportare il Brent sotto 100 dollari al barile.