La scorsa settimana il ministro delle Finanze brasiliano Guido Mantenga ha dichiarato che è in corso una “guerra valutaria”. La stessa frase fu pronunciata da mantenga un paio d’anni fa, quando la Fed aumentò l’immissione di liquidità nel sistema per rilanciare la propria economia. Con il lancio del QE3 molti paesi sono ora nervosi nei confronti di Bernanke, che aprendo i rubinetti della liquidità sta chiaramente provando a mantenere debole il biglietto verde. Il Brasile ha reagito con operazioni a mercati aperti vendendo real e comprando dollari.
Qualche giorno fa, invece, la Bank of Japan aveva annunciato il potenziamento del proprio programma di quantitative easing di 10mila miliardi di yen. In questo modo, considerando il piano già in essere, entro il 2013 inonderà la sua economia con 80mila miliardi di yen, ovvero circa mille miliardi di dollari. L’obiettivo è sempre lo stesso: deprezzare la propria valuta per rendere competitive le proprie esportazioni.
Secondo Mohamed El-Erian di Pimco, cioè il fondo obbligazionario più grande al mondo, il Brasile e il Giappone “vogliono contrastare i danni collaterali che emanano dalle politiche non convenzionali della Fed, dalla crescita potenzialmente destabilizzante di flussi di capitale e dall’apprezzamento valutario che erode la competitività”. L’euro sembra essersi “involontariamente” rafforzato contro dollaro e yen, a causa degli interventi della Fed e della BoJ.
Insomma, le guerre valutarie sono un guaio anche per l’Europa, che nel terzo trimestre dovrebbe entrare ufficialmente in recessione. I problemi degli Stati Uniti (scarsa crescita e rischio del Fiscal Cliff a fine anno), abbinati al terzo round di allentamento monetario, potrebbero creare distorsioni nella valutazione del cambio euro/dollaro, che potrebbe stabilizzarsi ben al di sopra di 1,30 con conseguenze negative per la fragile economia continentale.